L’esperienza non basta: la vendita si gioca sulle convinzioni

Durante una recente visita a un museo d’arte contemporanea, mi sono fermato davanti a un’opera astratta che non aveva indicazioni. Mi ha riportato indietro nel tempo, a quando avevo 19 anni e facevo l’assistente di sala a Palazzo dei Diamanti di Ferrara.

Il mio compito era vigilare sulle opere, walkie talkie alla mano, monitorando i visitatori e assicurandomi che tutto procedesse senza intoppi.

Ricordo ancora il primo giorno di ogni nuova mostra. Mi aggiravo tra le sale ancora vuote, osservando quelle opere che presto avrebbero attirato centinaia di visitatori, e spesso mi ritrovavo perplesso, incapace di cogliere il significato o il valore di molte di esse.

Poi, durante i giorni successivi, ascoltavo ripetutamente le guide esperte che accompagnavano i gruppi, spiegando contesti, tecniche e intenzioni degli artisti.

Come per magia, quelle stesse opere che inizialmente mi apparivano “interessanti ma confuse” si trasformavano gradualmente davanti ai miei occhi. Senza che un solo pennello le avesse ritoccate, iniziavo a vedere sfumature, significati e connessioni prima invisibili.

Le tele non erano cambiate, ma la narrazione che ora accompagnava la mia osservazione aveva completamente trasformato la mia esperienza.

Parto da questo ricordo per sensibilizzarti su un paradosso che affrontiamo quotidianamente nel marketing digitale: l’esperienza oggettiva spesso non coincide con la percezione soggettiva dell’utente.

Spesso quando faccio formazione cito un vecchio articolo del 1998 pubblicato sulla Harvard Business Review , dove i marketer di allora suggerivano di concentrarsi sempre più sull’esperienza del cliente.

L’obiettivo era creare interazioni ricche e immersive, progettate accuratamente per emozionare i consumatori. Il tema (che tra l’altro sento cavalcare di frequente anche oggi) è che grandi esperienze aggiungono valore e costruiscono fedeltà.

Eppure, quello che avrai notato anche tu (e che molte aziende scoprono sulla loro pelle) è che i miglioramenti oggettivi ai prodotti e servizi non si traducono necessariamente in clienti o ricavi.

Il fatto è che rinnovare l’esperienza è insufficiente, perché il modo in cui percepiamo un’esperienza dipende profondamente dalle nostre convinzioni e intuizioni.

Il potere delle aspettative nel comportamento d’acquisto

Gli esperimenti di neuromarketing hanno dimostrato da tempo come ri-etichettare un vino da supermercato da 10 euro come un Bordeaux da 100 euro migliori drasticamente le opinioni sul sapore.

E nonostante le compagnie di crociera nell’ultimo decennio abbiano reinventato le loro offerte, con fermate interessanti e attività ricche di adrenalina, molte persone rifiutano di salpare a causa delle percezioni sulla vita a bordo: “Non c’è niente da fare se non dormire o mangiare. E c’è poco tempo per le escursioni a terra

Questo fenomeno ha un fondamento neuropsicologico preciso: il nostro cervello non reagisce alla realtà oggettiva, ma alla sua interpretazione di essa.

Le persone formulano giudizi iniziali basati sull’intuizione, che “ci fornisce instancabilmente impressioni rapide, intenzioni e sentimenti”, come diceva Daniel Kahneman.

Questi giudizi rapidi modulano poi il modo in cui viviamo un’esperienza; per quanto buoni siano al gusto, gli snack a basso contenuto di grassi e sodio saranno sempre classificati sotto i loro omologhi convenzionali a causa dei preconcetti dei consumatori.

Quindi, prima di modellare l’esperienza del consumatore, i marketer devono prima chiedersi come possono creare nuove convinzioni. L’economia comportamentale ha qualcosa da dire a riguardo.

L’aspetto di un prodotto ad esempio ha una forza potente sull’intuizione.

Crea carte di credito con un chip di sicurezza visibile, e le persone si sentiranno più sicure nelle loro transazioni.

Attacca un nastro di seta a una bottiglia di shampoo, e chi fa il bagno percepirà la setosità dei propri capelli.

I dettagli della presentazione possono innescare credenze positive o negative, e queste credenze influenzeranno l’esperienza del consumatore.

Nell’analisi di numerosi e-commerce, ho osservato ripetutamente questo fenomeno in azione. Un sito di gioielli ha aumentato il tasso di conversione del 18% semplicemente aggiungendo immagini che mostravano il prodotto confezionato in un elegante astuccio di velluto – senza cambiare il prodotto stesso.

Come le parole cambiano la percezione del valore

Quando le persone fanno uno spuntino, spesso vogliono qualcosa di nutriente ed energetico. Una singola parola può alterare le convinzioni sull’idoneità di un prodotto.

Menziona le proteine nella farina d’avena e nello yogurt greco, o la dose di taurina naturale nelle bevande energetiche. Descrivi gli Omega-3 salutari nelle sardine in scatola. Evidenziare ingredienti preziosi e di tendenza aiuta a influenzare positivamente i consumatori verso l’esperienza.

Allo stesso modo, il nome di un alimento è un potente, ma invisibile, ingrediente per cambiare le aspettative. I consumatori potrebbero non gradire le “prugne secche”, ma apprezzeranno le “prugne essiccate”, l’esperienza è identica, ma le percezioni non lo sono.

Le convinzioni sono più facili da cambiare se la fonte è affidabile, eppure solo il 16% delle persone si fida delle aziende, secondo il Barometro della Fiducia di Edelman del 2014. Questo non è un buon dato per i marketer, ed è per questo che i consumatori sono sospettosi quando si imbattono in messaggi che arrivano direttamente dai brand.

Nei miei progetti di ottimizzazione, ho visto e-commerce trasformare completamente la loro percezione utilizzando UGC (User Generated Content) e recensioni verificate.

Un brand di cosmetici ha aumentato le conversioni non migliorando la formulazione dei prodotti, ma creando una comunità Instagram dove i clienti reali mostravano i risultati autentici.

Consolidare il cambio di percezione: il momento critico

Anche un’esperienza sorprendentemente positiva da sola non può cambiare le convinzioni. La ricerca del Yale Center for Customer Insights mostra come le credenze preesistenti possano sovrascrivere il ricordo di un’esperienza dopo il fatto: se ti aspetti di non apprezzare qualcosa che finisci per apprezzare, l’aspettativa di non apprezzamento è spesso più memorabile dell’esperienza stessa.

Ma se chiedi alle persone di valutare un’esperienza che capovolge le aspettative mentre sta avvenendo (o subito dopo), allora generalmente aggiorneranno le loro convinzioni e ricorderanno l’esperienza molto più favorevolmente.

Questo principio spiega perché gli e-commerce che implementano sondaggi post-acquisto immediati o richieste di recensione tempestive tendono ad avere tassi di soddisfazione e riacquisto significativamente più alti.

Quando stava lottando per riportare Apple dall’orlo del collasso, Steve Jobs disse qualcosa del tipo: “Datemi una campagna che faccia credere di nuovo alla gente in Apple“.

Era l’ambizione più alta che potesse avere. L’impulso a realizzare un prodotto o servizio migliore, ad arricchire l’esperienza, si rivelerà infruttuoso se va contro un consumatore incredulo.

Per chi lavora nell’e-commerce, le implicazioni sono evidenti: lavora sulle percezioni prima dell’esperienza, investi nella presentazione visiva, usa il linguaggio strategicamente, sfrutta creator, influencer e testimonial credibili, cattura feedback nel momento chiave.

Nel neuromarketing, parliamo spesso di come il cervello “preveda” l’esperienza prima ancora di viverla. Il nostro sistema neurale è programmato per l’efficienza energetica, quindi forma previsioni basate su indizi ed esperienze passate. Queste previsioni diventano filtri potenti attraverso cui viviamo l’esperienza effettiva.

Il paradosso è che per migliorare davvero l’esperienza del cliente, dobbiamo prima lavorare su ciò che precede l’esperienza: la percezione.

Non importa quanto sia eccellente il tuo prodotto se il cliente si aspetta che sia mediocre. Nel marketing digitale, il campo di gioco non è la realtà oggettiva, ma la realtà percepita.

La prossima volta che pianifichi un restyling del tuo e-commerce, ricorda: prima di cambiare l’esperienza, cambia la percezione.

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