Neuromarketing Predittivo: la chiave per non combinare “pirlate” con i tuoi tool AI

Neuromarketing predittivo e tool AI

Proprio in questi giorni, mentre preparo il mio intervento al WMF 2025 di Bologna, mi sono ritrovato a ripensare al mio speech dello scorso anno.

Qualcuno dal pubblico, al termine della presentazione, mi ha chiesto quali strumenti di analisi biometrica avessi utilizzato per gli screenshot mostrati nelle slide e cosa pensassi dei nuovi software di eyetracking basati su AI.

La domanda non mi ha sorpreso. Ultimamente il mercato è inondato di strumenti che promettono di simulare attraverso l’intelligenza artificiale l’analisi del movimento oculare, le reazioni emotive e persino i processi decisionali dei consumatori.

Strumenti certamente affascinanti, a costi sempre più accessibili, ma che portano con sé un rischio concreto: indurre esperti di marketing e agenzie a basarsi ciecamente sui loro risultati.

Ciò che mi preoccupa non è tanto la tecnologia in sé, quanto il modo in cui potrebbe essere utilizzata da qui al prossimo futuro: da un lato come scorciatoia da parte di molti professionisti non competenti in materia di neuroscienze applicate, dall’altro come pura leva di pseudo-scientificità per gonfiare preventivi o contratti senza portare reale valore aggiunto.

Il fatto è che ultimamente sono giunto alla conclusione che il neuromarketing non sia più sufficiente.

Il neuromarketing non ha ottenuto l’adozione che molti di noi si aspettavano nei primi giorni, quando eravamo sicuri che le nostre radicali nuove tecniche di misurazione avrebbero spazzato via il vecchio mondo dei sondaggi ai consumatori e dei self-report, aprendo una nuova era di profonda comprensione dei reali bisogni, motivazioni e processi decisionali dei consumatori.

Recentemente, credo di aver finalmente capito cosa sia andato storto: continuiamo a cercare nuove metriche e strumenti di misurazione sempre più sofisticati, ma usiamo questi nuovi strumenti solo per rispondere alle stesse vecchie domande.

Prima di ogni conferenza del settore, una delle esigenze più comuni da chi ho come pubblico è:

Una comprensione più profonda dei driver non consci del comportamento dei miei clienti

Il problema è che ci stiamo concentrando sul processo sbagliato per ottenerla.

Se vogliamo davvero comprendere i driver non consci del comportamento, dobbiamo essere pronti a cambiare non solo il modo in cui MISURIAMO il marketing, ma il modo in cui FACCIAMO marketing.

Come funzioniamo vs. il marketing tradizionale

La maggior parte del marketing online si basa ancora su un modello del consumatore molto diverso dal modello che è emerso dalla ricerca nelle scienze del cervello – neuroscienze, psicologia sociale ed economia comportamentale.

Oggi, sappiamo molte cose su come funzioniamo come consumatori che sembrano molto controintuitive dal punto di vista del marketing tradizionale:

  • Le persone non riflettono molto su ciò che acquistano.
  • Le persone non prestano attenzione alla pubblicità e al marketing.
  • Le persone hanno preferenze deboli e fragili.
  • Le persone non ricordano accuratamente i nostri messaggi di marketing.
  • Le persone non hanno accesso conscio ai propri stati mentali.

Ma il marketing tradizionale, che è fondamentalmente marketing persuasivo, continua a operare secondo assunzioni e pratiche che ignorano ognuna di queste nuove scoperte:

  • Le persone non riflettono molto su ciò che acquistano — ma i marketer si concentrano sul fornire informazioni e assicurarsi che i loro messaggi siano compresi.
  • Le persone non prestano attenzione alla pubblicità e al marketing — ma i marketer cercano di attirare l’attenzione a qualsiasi costo, anche se significa interrompere e infastidire ogni consumatore a portata d’orecchio.
  • Le persone hanno preferenze deboli e fragili — ma i marketer credono di dover ricorrere a tattiche persuasive pesanti per cambiare quelle preferenze.
  • Le persone non ricordano accuratamente i messaggi di marketing — ma i marketer sono ossessionati dalla misurazione del ricordo.
  • Le persone non hanno accesso conscio ai propri stati mentali — ma i marketer continuano a porre loro domande per scoprire cosa “realmente” pensano.

Da questo disallineamento tra marketing tradizionale e scoperte delle neuroscienze è nata una rivelazione.

Scavare nel posto giusto, con una pala migliore

Puoi utilizzare il neuromarketing quanto vuoi per misurare le risposte non consce dei consumatori, ma se utilizzi queste nuove misurazioni solo per rispondere alle stesse vecchie domande, non migliorerai davvero il tuo marketing.

Se vuoi rendere le scienze del cervello più pratiche per il marketing, dovrai rendere il marketing più compatibile con le scienze del cervello.

È proprio in questa consapevolezza che nasce l’approccio del neuromarketing predittivo. Di cosa si tratta? È la capacità di anticipare come il cervello umano reagirà agli stimoli di marketing.

Questa capacità deriva da anni di studio delle neuroscienze e migliaia di ricerche scientifiche, combinate con l’esperienza pratica sul campo. È come sviluppare un “sesto senso” professionale.

Il vantaggio è enorme: se sai prevedere il comportamento degli utenti prima di lanciare una campagna o un sito, parti già da un livello molto alto di efficacia. Poi, misurando i risultati reali e interpretandoli con la tua esperienza, puoi raggiungere l’eccellenza.

Non funziona al contrario: partire da strumenti di misurazione basati su AI senza una solida base di conoscenza teorica porta solo a interpretazioni superficiali e decisioni sbagliate.

Il problema non sono gli strumenti AI in sé – che possono certamente essere utili come linee guida preliminari – ma l’illusione che possano sostituire la vera comprensione dei meccanismi neuropsicologici che guidano il comportamento del consumatore.

Se vuoi ottenere risposte migliori, devi fare domande migliori.

Il Neuromarketing Predittivo nella pratica

Il Neuromarketing Predittivo è fondamentalmente come dovresti comunicare alle persone. È marketing che comprende e parla sia ai processi consci che non consci nel cervello dei consumatori, e riconosce che interagiscono in modi intricati per produrre le nostre risposte, scelte e comportamenti come consumatori.

Ecco sette suggerimenti pratici per te basati sui principi del neuromarketing predittivo:

  • Impara come e quando modulare l’attenzione – a volte vuoi risvegliarla e a volte vuoi lasciarla dormire.
  • Riconosci che la novità è una responsabilità – siamo naturalmente curiosi e attratti da essa, ma non ci fidiamo del tutto.
  • Apprezza il potere della fluidità di elaborazione – un’elaborazione facile viene spesso scambiata per familiarità, gradimento, bellezza, verità e basso rischio.
  • Non affidarti alle preferenze dichiarate delle persone – per la maggior parte, non sappiamo cosa faremo fino a dopo averlo fatto.
  • Non dimenticare che molto del comportamento dei consumatori è determinato da risposte emotive di “approccio-evitamento” rapide, automatiche e inaccessibili.
  • Accetta che la persuasione esplicita non è il modo migliore per cambiare comportamento o migliorare i risultati aziendali.
  • Riconosci che i segnali contestuali non consci sono solitamente più importanti dei calcoli costi-benefici deliberativi nel guidare la scelta del consumatore.

La differenza tra un analista di neuromarketing mediocre e uno eccellente sta nella capacità di anticipare e prevedere. Durante un recente test A/B per un cliente nel settore travel, che confrontava due diverse strutture della pagina di prenotazione, ho fatto una previsione precisa su quale variante avrebbe performato meglio, basandomi sui principi del neuromarketing predittivo. L’esito ha confermato la previsione, con un aumento del 28% delle conversioni sulla versione che utilizzava segnali visivi di scarsità temporale posizionati strategicamente vicino ai punti di decisione.

Questa capacità predittiva non deriva solo dagli strumenti utilizzati, ma dalla profonda comprensione di come funziona il cervello umano.

Gli strumenti di analisi basati su AI sono utili solo nella misura in cui tu, come professionista, sai interpretarne correttamente i risultati e, soprattutto, sai quando non fidarti di essi.

La vera sfida per il futuro non sarà sviluppare strumenti sempre più sofisticati, ma formare professionisti capaci di utilizzare questi strumenti con saggezza, interpretando i dati alla luce di una solida comprensione delle neuroscienze e della psicologia del consumatore.

Non si tratta solo di misurare ciò che è accaduto, ma di anticipare ciò che accadrà. Non si tratta solo di leggere i dati, ma di interpretarli alla luce di una profonda conoscenza del comportamento umano.

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